Paolo Vitali & Sonja Brambati
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Russian Tower & Dikes
Dello stesso viaggio potete leggere anche:

Notiziario del CAI Lecco - n° 3/98 - Cercando Samarkanda
Samarkanda
Quest'anno la voglia di viaggi e di arrampicata ci ha portato in Kyrghystan, nel gruppo del Pamir Alai, le cui regioni di Karavshin e Lyalyak sono conosciute in tutto il mondo alpinistico per le loro imponenti pareti granitiche, già percorse da diverse vie. 
La nostra attenzione, tuttavia, si è rivolta ad una vallata sconosciuta, posta vicina alle zone classiche di arrampicata di Ak-Su e Kara-Su, dove sapevamo potessero tovarsi dei pilastri vergini tutti da scoprire. Nei nostri viaggi infatti abbiamo sempre cercato di visitare posti inediti, vista l'enorme varietà di aree alpinistiche ancora poco o nulla esplorate al mondo, anche esponendoci al rischio di prendere sonore bidonate. 
In compagnia di Artyk, il nostro amico guida-cuoco-interprete partiamo da Tashkent, capitale dell'Uzbekistan, a bordo di un furgone militare stracarico di materiale e cibo alla volta di Ozgorush, minuscolo villaggio da cui partiremo per il trek nella nostra valle. 
Il primo impatto con le popolazioni locali e' ottimo: gente molto cordiale, espansiva e disponibile; i giovani che ci accompagneranno come conduttori dei cavalli da soma ci aprono le loro case e ci accolgono come amici. 
Con queste ottime premesse iniziamo il nostro giro dalla valle di Lyalyak, per poi superare il Passo di Aktubek a 4300 di quota e quindi raggiungere la valle di Ortochashma, l'obiettivo originario. Purtroppo questa volta ci va male! Di pareti granitiche neppure l'ombra; incontriamo solo conglomerato e sfasciumi, niente a che vedere con le belle strutture arrampicabili che andiamo cercando. 
La delusione e' grande ed inoltre, a questo punto, diventa difficile prendere una decisione: tornare indietro? Proseguire "accontentandosi" di un trekking (peraltro in un'ambiente finora bellissimo)? Cos'altro possiamo tentare nel tempo che ci resta a disposizione ? 
Consultando la cartina in cirillico con Ranger, capo dei cavallanti e profondo conoscitore della regione, apprendiamo che con altri due lunghi giorni di cammino potremmo raggiungere la famosa valle di Ak-Su, dove il granito e' garantito! Presa la decisione, e dopo aver camminato per piu' di dieci ore al giorno per cinque giorni in totale, arriviamo finalmente alla nuova meta dove poniamo il campo base. 
Il Peak 4810Da questa esperienza traiamo anche la certezza che gli amici cavallanti siano i piu' grandi camminatori tra tutte le genti conosciute nei nostri viaggi: una volta pattuito il prezzo giornaliero, dopo la tipica contrattazione, hanno inserito la marcia accompagnandoci senza il minimo problema alla meta prefissata, con ammirevole costanza e corretteza nei rapporti. 
Al campo base di Ak-Su, situato in una piana verdeggiante e molto rilassante, ci informiamo sulle intenzioni degli altri gruppi presenti, e ci guardiamo intorno cercando i nostri possibili obiettivi: parecchie vie sono gia' state tracciate sulle magnifiche strutture della valle da squadre russe ed occidentali, ma rimane ancora molto da fare. 
Ma non è stata solo la certezza di trovare un'ambiente grandioso che ci ha convinti a raggiungere a tappe forzate questo luogo; la regione di Karavshin infatti e' anche famosa per i lunghi periodi di bel tempo estivo, e le riviste specializzate nominano spesso il suo "clean blue sky"... Quest'anno invece, sara' per il Ninjo o per qualche altro demone dell'aria, piove tutti i giorni! Per la seconda volta in pohi giorni dobbiamo fare buon viso a cattiva sorte, ed invece delle big-wall inesplorate dei nostri sogni, affrontiamo gli avancorpi della Russian Tower e della Central Pyramid: pareti comunque rispettabili di 600 e 400 metri, di facile accesso, prive di grandi pericoli oggettivi e ritirate problematiche, ma soprattutto ricche di belle possibilità su ottimo granito. 
Scorrono così sotto le nostre mani trenta tiri di fantastica arrampicata libera, mediamente di 6a/6b con punte fino al 6c/7a, distribuite su tre vie nuove. 
"The missing mountain" è dedicata alla montagna fantasma che abbiamo inizialmente inseguito, "A better world" è ispirata dalle discussioni con i nostri amici kyrghysi a proposito di un'improbabile mondo migliore, ed infine "Take it easy" è la filosofia con cui abbiamo affrontato questa indimenticabile avventura. 
Sicuramente di questo viaggio ricorderemo tanto le salite quanto le piacevoli serate al campo base con Artyk, che diceva sarebbe tornato a casa con meta' testa italiana, l'amicizia con Danier, Ranger, Amur Timur, Japar e le loro numerosissime famiglie, che ci hanno lasciato una grande lezione di ospitalita' ed umanita'. 

Sonja Brambati & Paolo Vitali