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stesso viaggio potete leggere anche:
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Notiziario del CAI Lecco - n° 3/98 - Cercando Samarkanda
Quest'anno la voglia di viaggi e di arrampicata ci ha portato in
Kyrghystan,
nel gruppo del Pamir Alai, le cui regioni di Karavshin e Lyalyak sono
conosciute
in tutto il mondo alpinistico per le loro imponenti pareti granitiche,
già percorse da diverse vie.
La nostra attenzione, tuttavia, si è rivolta ad una vallata
sconosciuta, posta vicina alle zone classiche di arrampicata di Ak-Su e
Kara-Su, dove sapevamo potessero tovarsi dei pilastri vergini tutti da
scoprire. Nei nostri viaggi infatti abbiamo sempre cercato di visitare
posti inediti, vista l'enorme varietà di aree alpinistiche ancora
poco o nulla esplorate al mondo, anche esponendoci al rischio di
prendere
sonore bidonate.
In compagnia di Artyk, il nostro amico guida-cuoco-interprete partiamo
da Tashkent, capitale dell'Uzbekistan, a bordo di un furgone militare
stracarico
di materiale e cibo alla volta di Ozgorush, minuscolo villaggio da cui
partiremo per il trek nella nostra valle.
Il primo impatto con le popolazioni locali e' ottimo: gente molto
cordiale,
espansiva e disponibile; i giovani che ci accompagneranno come
conduttori
dei cavalli da soma ci aprono le loro case e ci accolgono come
amici.
Con queste ottime premesse iniziamo il nostro giro dalla valle di
Lyalyak,
per poi superare il Passo di Aktubek a 4300 di quota e quindi
raggiungere
la valle di Ortochashma, l'obiettivo originario. Purtroppo questa volta
ci va male! Di pareti granitiche neppure l'ombra; incontriamo solo
conglomerato
e sfasciumi, niente a che vedere con le belle strutture arrampicabili
che
andiamo cercando.
La delusione e' grande ed inoltre, a questo punto, diventa difficile
prendere una decisione: tornare indietro? Proseguire "accontentandosi"
di un trekking (peraltro in un'ambiente finora bellissimo)? Cos'altro
possiamo
tentare nel tempo che ci resta a disposizione ?
Consultando la cartina in cirillico con Ranger, capo dei cavallanti
e profondo conoscitore della regione, apprendiamo che con altri due
lunghi
giorni di cammino potremmo raggiungere la famosa valle di Ak-Su, dove
il
granito e' garantito! Presa la decisione, e dopo aver camminato per
piu'
di dieci ore al giorno per cinque giorni in totale, arriviamo
finalmente
alla nuova meta dove poniamo il campo base.
Da
questa esperienza traiamo anche la certezza che gli amici cavallanti
siano
i piu' grandi camminatori tra tutte le genti conosciute nei nostri
viaggi:
una volta pattuito il prezzo giornaliero, dopo la tipica
contrattazione,
hanno inserito la marcia accompagnandoci senza il minimo problema alla
meta prefissata, con ammirevole costanza e corretteza nei
rapporti.
Al campo base di Ak-Su, situato in una piana verdeggiante e molto
rilassante,
ci informiamo sulle intenzioni degli altri gruppi presenti, e ci
guardiamo
intorno cercando i nostri possibili obiettivi: parecchie vie sono gia'
state tracciate sulle magnifiche strutture della valle da squadre russe
ed occidentali, ma rimane ancora molto da fare.
Ma non è stata solo la certezza di trovare un'ambiente grandioso
che ci ha convinti a raggiungere a tappe forzate questo luogo; la
regione
di Karavshin infatti e' anche famosa per i lunghi periodi di bel tempo
estivo, e le riviste specializzate nominano spesso il suo "clean blue
sky"...
Quest'anno invece, sara' per il Ninjo o per qualche altro demone
dell'aria,
piove tutti i giorni! Per la seconda volta in pohi giorni dobbiamo fare
buon viso a cattiva sorte, ed invece delle big-wall inesplorate dei
nostri
sogni, affrontiamo gli avancorpi della Russian Tower e della Central
Pyramid:
pareti comunque rispettabili di 600 e 400 metri, di facile accesso,
prive
di grandi pericoli oggettivi e ritirate problematiche, ma soprattutto
ricche
di belle possibilità su ottimo granito.
Scorrono così sotto le nostre mani trenta tiri di fantastica
arrampicata libera, mediamente di 6a/6b con punte fino al 6c/7a,
distribuite
su tre vie nuove.
"The missing mountain" è dedicata alla montagna fantasma che
abbiamo inizialmente inseguito, "A better world" è ispirata dalle
discussioni con i nostri amici kyrghysi a proposito di un'improbabile
mondo
migliore, ed infine "Take it easy" è la filosofia con cui abbiamo
affrontato questa indimenticabile avventura.
Sicuramente di questo viaggio ricorderemo tanto le salite quanto le
piacevoli serate al campo base con Artyk, che diceva sarebbe tornato a
casa con meta' testa italiana, l'amicizia con Danier, Ranger, Amur
Timur,
Japar e le loro numerosissime famiglie, che ci hanno lasciato una
grande
lezione di ospitalita' ed umanita'.
Sonja Brambati & Paolo Vitali
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