Verso il Lago Kari in vista del Monte Aragats
Caucasus
Armenia

Bike tour
July 14-16 2025

Photo by Paolo Vitali

 
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Vedi anche il dettagliato racconto (in francese) del compagno di viaggio Pascal Tillard
   

L’Armenia è un piccolo paese situato nell’altopiano e la catena montuosa del Caucaso Minore, poco piu’ esteso della Lombardia, ma con una densità di popolazione tre volte inferiore. Non ha sbocchi sul mare, confina con la Turchia a ovest, la Georgia a nord, l'Azerbaigian a est, l'Iran a sud. Con due dei quattro paesi confinanti non ha nessuna relazione né comunicazioni: la Turchia per via del genocidio armeno perpetrato dal governo dei “Giovani Turchi” ai tempi della Prima guerra mondiale, l'Azerbaigian per l’eterno conflitto per il controllo della regione del Nagorno Karabakh, un'exclave armena in territorio azero che fu assegnata al governo di Baku da Stalin. Fortunatamente le relazioni sono buone con la Georgia, altro paese cristiano, e per varie ragioni anche con l’Iran, con un unico accesso stradale nel breve confine di 35 Km.
Le nuove generazioni guardano all’Europa, e l'Armenia ha aderito al programma “Partnership for Peace” della NATO e al Consiglio d'Europa, ma la dipendenza dalla Russia sembra evidente viaggiando nel paese, anche solo per il gas!
Insomma, un piccolo paese, con una storia molto travagliata, un’economia difficile ed abbastanza povera, ma tante attrazioni certamente non per il turismo di massa, ed una popolazione gentile ed ospitale.

Nel già lontano 2012 visitammo l’Armenia con lo scopo di fare sci-alpinismo, ci appoggiammo ad una agenzia per la logistica, trasporti vitto e alloggio, una guida turistica ci accompagnava negli spostamenti, naturalmente sulle gite sci-alp eravamo indipendenti. Fu un bellissimo viaggio, tra le cime piu’ belle e importanti sciate il Monte Aragats (4080 m) e il Monte Ishkhanasar (3550 m), un po’ di mete turistiche, e la scoperta di un paese dai mille contrasti.
2025. Decidiamo di tornare in Armenia, ma questa volta in assetto completamente diverso: in estate, con le biciclette, e viaggiando in indipendenza.
Un viaggio di questo tipo richiede una pianificazione molto piu’ attenta, a partire dal tragitto, con lo studio sulle cartine gps di un tracciato che preveda tappe del giusto sviluppo e dislivello per poter essere percorse con le bici cariche delle borse con tutto il necessario.
Decidiamo di essere nel limite del possibile “leggeri”, senza portarci tendina, sacco pelo e materiale per cucinarci, a maggior ragione le tappe devono essere studiate meticolosamente, per essere sicuri di poter completare le tappe raggiungendo villaggi dove è possibile dormire e mangiare.
Il gruppo non può essere molto numeroso, pochi e molto ben affiatati, per poter superare ogni eventuale difficoltà si possa presentare. Con noi ci sono Pascal, ex collega di lavoro ora in pensione, e la sua dolce metà Fabienne.  Non é la prima volta che facciamo le nostre vacanze in bici insieme, con o senza appoggi, il feeling fra di noi è sempre stato perfetto, mai un disaccordo su una decisione da prendere!
Atterriamo a Yerevan nel pieno della notte, non avevamo trovato la possibilità di prenotare un trasporto dall’aeroporto all’Hotel, e con le nostre ingombranti bici imballate siamo obbligati a prendere il passaggio da due taxi abusivi che ci estorcono il doppio di una normale tariffa turistica … In Hotel pisoliamo tre orette, poi una spartana colazione a base di bulgur, salsiccia industriale, uova sode, e pseudo caffè … ci manca  già il nostro espresso.
Montiamo le nostre bici, che per fortuna sono arrivate senza danni, un dubbio che si presenta ogni qualvolta le imbarchiamo su di un volo, e ci rimane pomeriggio e sera per un po’ di turismo nella capitale.
Raggiungiamo a piedi il Tsitsernakaberd, il caldo è quasi soffocante, ma non vogliamo rinunciare a rivisitare il museo del Genocidio armeno, perpetrato dal governo dei “Giovani Turchi” dell’impero Ottomano, che nel 2012 ci aveva impressionato! Poi tra una birra ed un’altra girovaghiamo per le vie del centro fino alla nostra prima cena armena.
Secondo giorno: la mattina presto finalmente cominciamo a pedalare!
Le ciclabili non esistono in Armenia, così come i ciclisti, sfruttiamo i marciapiedi per allontanarci dal centro della capitale, poi un paio di volte dobbiamo invertire la rotta perché le stradine minori che abbiamo tracciato sul GPS finiscono a delle cave. Alla chiesetta apostolica di Oshakan, dove è sepolto l'inventore dell'alfabeto armeno Mesrop Mashtots, facciamo una breve sosta rifocillandoci al negozietto attiguo, sono tutti molto gentili e ci offrono piccoli frutti canditi, sicuramente siamo un po’ una stranezza per loro … stentano a credere che viaggiamo soli in bici!
Sugli ultimi chilometri in salita per raggiungere Byurakan-Antarut soffriamo la calura pomeridiana, per fortuna non mancano piccoli negozi dove procurarsi una bibita fresca, a bordo strada ritroviamo i resti di un carro-armato che ricordiamo dal nostro viaggio nel 2012, il tempo sembra congelato, ma i nuovi numerosi hotel ci fanno capire che anche qui le cose sono molto cambiate.
Finalmente raggiungiamo la prima guest-house, apprezziamo l’accoglienza che ci viene riservata. Il tavolo sotto il berceau è il posto ideale dove possiamo rilassarci e poi avere una lauta cena a base di carne grigliata e verdure dell’orto, che sarà una costante per tutto il viaggio.
Ora cominciamo ad entrare in sintonia con il posto ed il viaggio!
La salita verso il Lago Kari
Il Lago Kari e il Monte Aragats
Prossima meta il Lago Kari, a quota 3200 m, che avevamo raggiunto con gli sci nel nostro precedente viaggio, e dormito nella baracca dei guardiani della stazione meteo. Una importante salita all’inizio ed un’altra alla fine per un totale di 1600 metri di dislivello, deliziati da una birretta a bordo lago, alla base del pendio che porta al Monte Aragats, la vetta più alta dell’Armenia.
I cani pastori Gampr
In discesa i primi incontri con i tipici cani pastori armeni, i “Gampr”. Massicci per 60 Kg di peso, all’apparenza aggressivi, se avvicinati lentamente si rivelano affabili e bellissimi, nessun problema per Sonia e me, qualcuno invece per Fabienne, non così amante dei cani, che un po’ impaurita invece di rallentare accelera per fuggire, innervosendoli e spronandoli all’inseguimento! La scorteremo per i prossimi incontri.
Per la felicità delle nostre ragazze … la mattina successiva ripercorriamo la prima ripida salita con l’aggiunta delle borse, per poi scendere per dolci pendii in direzione di Aparan.
Sonia con un piccolo pezzo di pane Lavash
Per evitare la strada principale serpeggiamo piacevolmente per piccoli villaggi, improvvisando una sosta quando troviamo un negozio con annesso panificio, dove acquistiamo e divoriamo un lenzuolo di Lavash, il tipico pane armeno senza lievito molto sottile. Buonoooo!
Aparan è una bella cittadina, in mezzo alle colline e foreste sul versante nord-ovest dell’Aragats, pernottiamo in un delizioso chalet tutto per noi in un largo podere. 
Il proprietario, dopo le presentazioni ci lascia completamente soli per recarsi a Yerevan.
Piacevole serata con il nostro ospite ad Aparan
Questa sera Sonia cucina per noi una pasta carbonara con ingredienti “armeni”, il risultato è ottimo! Al ritorno il proprietario ormai in sintonia con noi ci racconta di essere andato al cimitero a salutare suo figlio morto precocemente. E’ una bella persona, non fa pesare la sua tristezza e dopo i primi approcci in un misto di francese inglese italiano russo ed armeno terminiamo la serata con vodka e coca-cola davanti ad un bel fuoco.
Salutiamo il nostro ospite e la sua bellissima Lena, un giovane dobermann che si è già affezionato a noi, soprattutto a Sonia, e partiamo per la prima tappa “sorpresa” di questo viaggio.
Pochi chilometri dopo Aparan, al villaggio di Lusagyugh l’asfalto termina, ci troviamo di fronte una sterrata in cattive condizioni. Un uomo a piedi in senso contrario ci guarda e fa segno col cappello: “chapeau”!
Il Passo da Aparan a MeghradzorNon abbiamo scelta, il giro sulle strade principali per raggiungere la nostra meta a Meghradzor sarebbe troppo lungo; quindi, pazientemente saliamo i 12 Km malmessi che ci portano fino ad un passo a 2712 m di quota, dovendo spingere qualche tratto le bici, troppo pesanti su alcune pendenze con fondo disconnesso. La discesa fino al villaggio di Hankavan è a tratti molto ripida, nella parte alta solo una traccia nei prati, in basso con grosse pietre e malmessa, impossibile per qualsiasi 4x4 o perfino mezzi militari. Infatti, ne incontriamo uno abbandonato proprio a metà del tratto piu’ ripido, ed una pattuglia di militari alla fine della discesa che ci guardano incuriositi! Ora capiamo il perché del “chapeau”!
Guest House a Mehradzor
A Meghradzor la nostra guest-house è l’abitazione di una coppia di contadini, lasciamo le bici in un locale buio con delle botole che ci spiegano essere i forni per cuocere il pane Lavash. Alloggiamo nelle loro camere, non sappiamo dove andranno a sistemarsi loro, l’accoglienza comunque è squisita, e ci da modo di capire lo stile di vita rurale in questi villaggi.
La sera proviamo a studiare di nuovo le cartine GPS: le autostrade sono in rosso, le strade principali in arancione, poi ci sono le gialle che dovrebbero essere quelle minori, la sterrata che abbiamo percorso è segnata come strada bianca, con l’importante dicitura di “Highway”. Ci aspettavamo tratti di sterrato, ma non una pista impercorribile da ogni mezzo! Ora sappiamo che Highway significa semplicemente una “way high”, cioè una traccia in quota, e quella del giorno seguente ha la stessa classificazione! Convinciamo le ragazze che domani le aspetta l’ultima tappa così faticosa su questa Highway, sapendo bene che mentiamo …
Animali al pascolo al Passo quota 2636 m
Da Meghradzor 12 Km di sterrato a tratti malmesso ci conducono al Passo di 2636 m, anche qui impossibile a qualsiasi mezzo, guardando la traccia a posteriori vedo tratti al 14-16% con una breve punta al 23,8%! Per fortuna la discesa invece è migliore, e nonostante due innocue cadute di Sonia arriviamo indenni a Margahovit.
Passando il villaggio di Fioletovo notiamo tratti somatici completamente diversi. Pascal incuriosito scoprirà che si tratta di una colonia di Molokan emigrati dalla Russia, cristiani che rifiutano la gerarchia della chiesa, credono solo nella Bibbia, e vivono un’esistenza rurale evitando ogni modernità; in qualche modo mi ricordano i Mormoni.
Barbeque a Dilijan
Facciamo tappa a Dilijan, una bella cittadina immersa nelle foreste nonostante a bassa quota, effetto del lato nord della montagna. Considerata la regione del miele…. purtroppo il miele è l’unica cosa che non ci capita di assaggiare nella deliziosa guest-house che ci ospita, nonostante la cena e la colazione siano state le migliori del viaggio!
Una breve tappa fino a Khachardzan per riposare dalle due Highway consecutive, gustiamo il primo caffè degno di questo nome in un baracchino a bordo strada; ad ogni  incontro la prima domanda che ci viene posta è “Rusky?”, cioè “siete russi? E lì a spiegare no, due francesi e due italiani, al che parte una canzone d’Aznavour!...
Sullo sfondo le colline confine con l'Azerbaijan
La strada prosegue per il lago Sevan, un passo a 2174 m, ma su asfalto ci sembra tutto facile. Nel tratto prima e dopo Chambarak ci troviamo a 4 Km in linea d’aria dal confine con l’Azerbaijan, una lunga linea collinare che continua sul lago Sevan separa i due paesi sempre in guerra, nessuna strada attraversa il confine! La discesa in vista del lago ci apre il cuore, e ancor piu’ l’appetitosa sosta in una locanda sul lago, dove gustiamo il barbeque di porco piu’ buono della mia vita, e per la prima volta una birra alla spina!
Lo chalet che abbiamo prenotato è a 100 m dal lago, dove non può mancare un rigenerante bagno! Le strutture in riva al lago sono veramente rare, non riusciamo a capire come mai queste località non vengano sfruttate un po’ di piu’ a scopo turistico!
Costeggiando il Lago Sevan
La nostra tappa successiva costeggia tutto il lago, strada principale ma veramente poco trafficata, 80 km con una sosta per rifocillarci sotto una pensilina con una fontanella all’ingresso di un cimitero … numerose macchine si fermano per riempire l’acqua alla fontanella, un uomo ci osserva attentamente mangiare le nostre scarne provviste, cerca di scambiare due parole, poi forse “impietosito” ci pone una grossa bella pagnotta stile georgiano, che accettiamo molto volentieri!
Giunti a Martuni il tempo di una breve pausa, poi propongo a Pascal di andare noi due soli in perlustrazione della tappa successiva. Per questo penultimo giorno avevo scelto una traccia, che non era neppure una strada “bianca” sulla mappa, ma proprio una traccia tratteggiata, il che significa sentiero, ma considerata l’esperienza delle Highway la cosa ora mi preoccupa non poco! Ora ho individuato una strada “gialla”, che anche se piu’ lunga dovrebbe essere piu’ sicura!
Uscendo da Martuni il mattino presto
Tentiamo una scorciatoia “bianca” per raggiungere la strada “gialla”, ma si rivela peggio delle precedenti, poi la mia sella si rompe e sono costretto a rientrare, anche per non far preoccupare le ragazze che ci aspettano! Pascal prova a continuare per altri 6 Km da solo, ma quando rientra conferma lo stato malmesso della stradina, e scopriamo sul GPS che non ha raggiunto la famigerata strada “gialla”. A malincuore scelgo un giro piu’ lungo che su asfalto ci dovrebbe portare a questa “Highway gialla”.
Sveglia alle 5 per essere pronti in sella alle 6, la giornata si preannuncia lunga.
Il tratto di asfalto scorre veloce e senza auto, finalmente raggiungiamo la “gialla”, con un po’ di disappunto constatiamo si tratti di un’altra sterrata impegnativa; saranno i 90 Km piu’ lunghi della nostra “vacanza a due ruote”!
Ultimi pastori prima del Passo a 2895 m
Tutto sommato il primo tratto si presenta pedalabile, nei prati a distanza vediamo contadini che fanno il fieno, incrociamo uno di loro su una jeep, ci domanda “Rusky, dove andate?”. Alla mia risposta “Artashat” si mette le mani nei capelli, poi allarga le braccia e in inglese stentato mi dice “big rocks”, quindi col braccio simula la figura di un serpente “snakes, snakes”, infine attinge da un sacchetto sul sedile e mi porge due manciate di caramelle, come a dirmi “avrete bisogno di energie!”

Non dirò nulla ai miei compagni, meglio lasciare pedalare tranquilli senza aggiungere preoccupazioni!
cerchiamo di comunicare con i pastori
Prima del passo incontriamo l’ultimo insediamento di pastori, ci offrono il buonissimo the fatto con le erbe che raccolgono li intorno, e ci mostrano la rudimentale casera dove fanno il formaggio, di cui non conosco il nome, ma è l’unico che abbiamo trovato in tutto il viaggio. Riusciamo ancora a riempire le borracce d’acqua poco prima del passo a 2895 m, ci sentiamo sollevati, pensiamo che il piu’ è fatto, non ci rimangono che 50 Km di discesa. Mai supposizione fu piu’ sbagliata, ce ne accorgiamo appena cominciamo la discesa, su una mulattiera che si fa via via più disconnessa, ecco le “big rocks”, che ci costringono a scendere di sella parecchie volte; per fortuna non avvistiamo invece gli “snakes, snakes” …
Impegnativa discesa dal Passo a 2895 m
Al contrario della salita, su questo versante sud l’acqua è totalmente assente, la temperatura comincia a salire, dobbiamo stare attenti a quanto beviamo.
Dopo una ripida discesa intravediamo un colletto, da cui diparte un’improbabile traccia in ripida salita; Sonia subito mi chiede se non dovremo passare di là, guardo la mappa, e cerco di convincere me stesso prima, ma evidentemente non c’è altra possibilità. Saranno solo 100 m di dislivello, ma il fondo è distrutto, la pendenza spesso al 14%, il GPS misurerà una punta del 24,5%! Spingere la bicicletta diventa un’impresa, un breve tratto poi si tirano i freni per non perdere terreno, ma spesso le ruote slittano all’indietro un po’ e tocca ripetere!
Discesa dal Passo a 2895 m
Su questo lungo tratto di discesa non vi sono insediamenti di pastori, panorama affascinante ma arido, non ce lo diciamo ma una caduta o un minimo problema meccanico o fisico potrebbe rilevarsi critico, magari pernottare all’addiaccio senza piu’ acqua.
Ci fermiamo a mangiare un boccone accovacciati all’ombra di una piccola pianta solo quando intravediamo una cava con la sterrata usata dai camion, il che ci da quasi garanzia di poter raggiungere la nostra meta; inoltre incrociamo finalmente una jeep, gentilmente ci offrono una bottiglia di acqua freschissima.
Gambe insabbiate a fine discesa
Sull’ultimo tratto percorso dai camion il fondo è pessimo, una sabbietta sottilissima e infida, tant’è che sull’ultimo chilometro Fabienne spiana e si spela una gamba, ma niente di grave, e ormai siamo alla strada asfaltata, che dovremo seguire ancora per una quindicina di chilometri fino ad Artashat.
Quando raggiungiamo il primo villaggio con un piccolo negozio è festa grande, a base di birra fresca e secchiate d’acqua sulla testa. Ricorderemo questo momento a lungo …
Doccia finfrescante (Foto Fabienne C.)
Ad Artashat alloggiamo in un Hotel dallo standard decisamente superiore a tutti i giorni precedenti, siamo stanchi ma rilassati, la cena in un enorme ristorante dove siamo gli unici clienti è buona ed abbondante.
Prima di ripartire per Yerevan riusciamo a lavare le bici dalla sabbia in un autolavaggio di fronte all’Hotel, l’ultima tappa è facile e non lunga, ce la godiamo appieno. In Hotel giusto il  tempo di smontare e rimballare le nostre bici, prima di una cena in un caratteristico ristorante Georgiano, a mezzanotte il minivan che questa volta sono riuscito a prenotare ci conduce all’aeroporto.
Anche questa è andata, che esperienza superlativa!

Paolo Vitali

     
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