Articolo
tratto dal bollettino
del CAI Erba Q4000 Anno 2000
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Big-Wall nostrane *
Confrontare
il Qualido al Capitan
in Yosemite potrà sembrare un po' pretenzioso, ma seppur noi siamo
amanti dei viaggi, abbiamo sempre cercato di valorizzare al massimo
anche
l'ambiente di casa nostra, e siamo certi che la big-wall "nostrana" del
Qualido abbia le carte in regola per ben figurare nel mondo
dell'arrampicata
internazionale, con delle peculiarità proprie ben distinte da
apprezzare
ed enfatizzare.
Nel 1989
Sonja ed io abbiamo
cominciato la nostra attività sulla fantastica parete est del Monte
Qualido, aprendo con Gianni Rusconi la via "Transqualidiana"; l'anno
successivo
con Adriano Franz Carnati fu la volta di "Non di solo granito"; e già
da diversi anni aprivamo vie in Val di Mello e Val Masino, cercando di
spingere la libera al nostro massimo livello raggiunto in falesia,
utilizzando
protezioni fisse quali gli spit piazzati dal basso in posizioni di
precario
equilibrio.
Nell'autunno
del '90 volammo
negli States per il nostro viaggio di nozze, l' "Honey moon on
Salathe'"
come ci piace ricordarlo; infatti spendemmo le nostre prime notti da
sposini
sulla via Salathe' del Capitan. Naturalmente fu una grande
soddisfazione:
la parete è grandiosa, il granito super, e l'ambiente circostante
non è da meno; e sicuramente trovare le stesse dimensioni
in Italia ed Europa è molto difficile se non impossibile. Ma l'etica
che si era affermata negli ultimi per le nuove vie della Yosemite ci
lascio'
perlomeno perplessi; e la stessa sensazione ci accompagnò nelle
settimane successive arrampicando su vie di diversa lunghezza, dalla
Yosemite
stessa a Tuolumne Meadows, da City of Rocks alla Devil's Tower, da
Arches
a Joshua Tree.
Lo stile
del "free-climbing",
che aveva reso famose nel mondo le pareti di Yosemite, si era
trasformato
in una progressione artificiale a suon di tecnicismi sempre più
sofisticati ed aleatori. Ricordo che su alcune vie, di fronte a sezioni
stupende ma sprotette, bisognava pendolare a destra o sinistra, cercare
la fessurina o il ciuffo d'erba, quando con uno spit si sarebbe potuto
raddrizzare un bel tiro in libera! Nell'ostinato tentativo di evitare
l'uso
di spit, le vie dell'ultima generazione evitavano spesso sezioni di
parete
compatta, probabilmente salibili in libera una volta attrezzate, alla
ricerca
magari di cenge o lamette da scalare in artificiale, e l'assurdo è
che spesso finivano per "bucare" comunque la roccia, usando però
nei buchi piccoli ganci e precari rivetti anziché dei solidi tasselli,
alzando il grado dell'artificiale solo in ragione del pericolo (se non
certezza) di morte in caso di volo!
Non
abbiamo mai disdegnato
l'artificiale, ma ci siamo sempre domandati che senso avesse usare
mezzi
precari anziché spit una volta bucato?! Ripensando alle nostre vie
in Valle ed in Qualido, ed alle bellissime e dure realizzazioni dei
nuovi
Eldoradi svizzeri del Wenden, Ratikon, Offen …. convenemmo che la
nostra
strada avrebbe sempre più seguito quelle orme, e così fu
su tutte le successive vie in Qualido: Galctica, Melat, Artemisia,
Towanda,
Mediterraneo, Qualiplaisir, Qualifalaise e Cogli l'attimo; anzi,
introducemmo
l'uso del trapano (sempre dal basso) per poter piazzare più robusti
e duraturi fix da dieci millimetri invece dei tasselli da otto. Con il
trapano il livello della libera obbligata aumentò ulteriormente,
poiché ci si poteva spingere un poco oltre confidando di potersi
fermare a spittare liberando una sola mano, impensabile con il vecchio
bulino a mano a meno di non riuscire a piazzare un cliff-hanger, cosa
ben
difficilmente realizzabile sul liscio granito di casa nostra!
Oggi le
riviste specializzate
ci dicono che l'artif new-wave sta vivendo una nuova primavera anche da
noi, ma a ben osservare ci pare che i fautori di questa tendenza siano
veramente pochi e sempre gli stessi, mentre l'enorme innalzamento del
livello
medio, dovuto alla grande diffusione dell'arrampicata sportiva in
falesia
e degli allenamenti sui "muri" casalinghi, ha permesso a tantissimi
climber
di ripetere le vie "moderne" del Qualido e della Valle, con grande
soddisfazione
di tutti; per i giovani più forti si sono anche aperte nuove
possibilità
con la ricerca della prima libera dei tiri che ancora presentano passi
di artificiale, e lo spazio in questo senso è ancora grande! E ora
che i nuovi fuoriclasse europei ricominciano a frequentare il granito
oltreoceano
(vedi i fratelli Huber per North American Wall) questa tendenza sembra
prender piede anche negli USA; forse che per una volta non siamo stati
noi a seguire l'onda?
Dal canto
nostro, qualche
idea nel cassetto c'è ancora, e speriamo di avere la fortuna e la
costanza per poterla realizzare, anche se l'attività di apertura
su pareti così lunghe e difficili obbliga all'uso di una tecnica
per così dire "himalayana", poiché in una giornata si riescono
a salire ed attrezzare solo pochi tiri, obbligando poi all'impiego di
corde
fisse per tornare in parete. Qualcuno critica questa tecnica, ma finora
sembra l'unica realizzabile, e la carenza di apritori (se osservate
bene
i nomi noterete una certa ripetitività!) la dice lunga sull'impegno
ed il tempo necessari.
Oggi
ripensando alla est del
Qualido non possiamo che essere estremamente soddisfatti per quello che
abbiamo fatto, valorizzando un ambiente stupendo di "casa nostra" senza
tanti esterofilismi, ed un grazie particolare va a chi come noi ci ha
fortemente
creduto, dai nostri compagni Gianni Franz ed Eraldo Meraldi, alle altre
cordate dei ragazzi della "Tribù".
Paolo
Vitali & Sonja
Brambati
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