Tavan Bogd - Mongolia 2019
Viaggio e scialpinismo ai confini del mondo
Un
viaggio
intenso, dove lo sci è forse solo la scusa per il viaggio stesso! Spazi
infiniti dove l’avventura inizia appena ti allontani dall’ultima città,
senza strade, senza segnale telefonico, senza possibilità di invocare
aiuto alcuno. Poche famiglie di pastori che vivono in condizioni
impossibili, sempre ospitalissimi e cordiali con ogni passante. Sui
ghiacciai interminabili lo sci diventa il mezzo di locomozione più
efficiente, piuttosto che l'attrezzo ludico a cui siamo abituati.
Appena
fuori dalle cime più alte conosciute ed ambite, ghiacciai e cime senza
nome, dove sembra di tornare ai tempi delle esplorazioni di
cinquant’anni fa. Tempo bizzarro e freddo, spesso ventoso. Solo due
settimane, ma veramente molto dense, che lasceranno il segno nella
nostra memoria.
7-21 Aprile 2019 Sonia Brambati,
Franz Carrara, Andrea De Finis, Mirco Gusmeroli, Giulia Meregalli,
Franco Scotti, Valerio Trotter, Ruggero Vaia, Paolo Vitali, Emanuele
Zuccotti.
Un
amico che ci era stato qualche anno fa mi raccontava di
essere
rimasto deluso dall’esperienza sciistica nel Tavan Bogd, quindi
cercando
compagni per questo nuovo viaggio scialp intuivo che alcuni di loro non
avrebbero capito appieno quando dicevo : “in
questa occasione l’essenza del viaggio non saranno le discese in
polvere, ma il
viaggio stesso”.
Arrivati a Ulaanbaatar subito la prima sorpresa: il nostro volo
interno, il
primo della stagione, è stato cancellato; inutile prendersela, ci
inventiamo
una giornata turistica al Parco Nazionale Terelj.
Finalmente
a Ulgyi, partiamo gasati sui nostri UAZ alla volta del Parco
Nazionaledel Tavan Bogd. Neanche un
paio d’ore di sterrato e uno dei due mezzi perde una ruota su una
discesa ...
la botta in una buca più grossa del solito ha tranciato tutti i bulloni
che la
fissavano! Un po’ di spavento per noi, che temiamo di perdere pure
un’altra
giornata per trovare soccorso da Ulgyi, tutto normale per i nostri
autisti!
Come se niente fosse, si accendono una sigaretta, recuperano la ruota,
con qualche
vite di scorta e qualcuna tolta dalle altre ruote … riescono a
rimettere in
movimento il mezzo in meno di un’ora! Passiamo
Tsengel, un paesino fuori dal tempo, ultimo punto dove
arrivano
corrente elettrica e telefono, e già ci pare di essere tornati nel
passato; da
qui in poi saremo completamente isolati. Ora comincia la parte di
strada più
sconnessa ci dice la nostra guida Erke, e realizziamo appieno cosa
intende
quando uno degli UAZ sprofonda in un cedimento del fiume ghiacciato che
stiamo
attraversando!
Avevamo già provato a passare 5 ore per rimuovere il UAZ dal fango, dal
ghiaccio ci mancava ... benvenuti in Mongolia!
Con la calma di chi ha già vissuto la stessa esperienza innumerevoli
volte, e
sa tirarsi fuori da ogni pasticcio con le proprie mani e rudimentali
mezzi, gli
autisti riescono a rimettere il mezzo sul ghiaccio portante, e si
riparte ...
fino al successivo sfondamento! Ormai non ci scomponiamo quasi, buon
segno,
stiamo entrando in sintonia con l’ambiente! Arriviamo
alla “winter cabin” dei
pastori ormai col buio, una grande ger ci ospiterà tutti e 10 per la
notte.
La sera ed il mattino successivo possiamo ammirare i pastori, uomini
donne e
bambini, mentre liberano gli agnelli per farli allattare, e portano al
pascolo
il gregge di pecore e capre, operazioni rituali che compiono ogni
giorno
dell’anno, bello o brutto tempo, freddo o ventoso ... e quando dico
freddo
intendo qualcosa a cui non riusciamo neppure a pensare: qui d’inverno
scende
tranquillamente sotto i meno 40 gradi centigradi!
Le winter cabin dei pastori sono
delle casupole rettangolari, dal tetto piatto coperto da fango e
sterco, le
pareti sono formate da singole travi di larice da una ventina di
centimetri, le
fessure isolate da un po’ di lana infeltrita, all’interno dei tappeti
alle
pareti e una spartana stufetta al centro del locale che funge sia da
riscaldamento che da cucina. Un minuscolo lavandino in un angolo con un
altrettanto minuscolo serbatoio d’acqua per potersi lavare mani, faccia
e
denti, la turca all’esterno riparata solo da un telo sui tre lati più
esposti
al vento. Abituati a viaggiare ci adattiamo facilmente, siamo
perfettamente a
nostro agio con loro, ma per qualche notte, un paio di settimane al
massimo.Pensare alla loro vita qui
tutto l’anno, in queste condizioni, ci fa rabbrividire, e ci riempie di
ammirazione per la loro forza e resistenza.
La loro ospitalità è disarmante , abbiamo l’occasione di gustare i loro
formaggi secchi, il burro, la crema. Non osiamo provare la carne
essiccata dopo
averla vista appesa nel locale annesso, il solito the salato e quelle
poche
cose che compongono la loro dieta quotidiana, 365 giorni all’anno!
Valerio è al suo primo viaggio di questo genere, sembra un po’
frastornato, e
sarà il primo a pagare qualche disturbo intestinale …
Il mattino successivo le nuvole lasciano il posto a un limpido cielo
blu, ma
sempre con un vento teso da nord ovest. È
tempo di caricare i cammelli con tutti i nostri materiali per
raggiungere il
campo base.
Operazione normalissima per loro, affascinante per noi; quindi la
carovana si
incammina per l’ampia valle Tsagaan.
Camminiamo a fianco, o meglio rincorriamo i cammelli per qualche ora,
purtroppo
dobbiamo constatare le condizioni molto povere di neve, è stato un
inverno
secco, non c’è quasi neve in fondovalle, e i ghiacciai sono per lo più
pelati,
ma non ci scoraggiamo.
Su mia forte insistenza, Erke e suo marito Gana con i pastori sono
riusciti ad
allestire un ottimo campo ger, due ci ospiteranno per la notte, una
ampia funge
da cucina e sala per mangiare, ed una piccola per eventualmente
sciacquarsi
dopo le gite, anche se per via delle basse temperature questa verrà ben
poco
utilizzata.
Sembra siamo i primi ad avere allestito un campo ger nel parco, prima
di noi
tutte le spedizioni hanno usato le tendine per dormire, ce ne
compiacciamo, e
considerata qualche giornata particolarmente fredda e ventosa che
seguirà,
questa nostra scelta verrà copiata in futuro, specie nella stagione
ancora
fredda. Il
tempo sembra stabilizzarsi, decidiamo di non perder tempo, e
“giocare un
jolly “ subito: il mattino successivo presto partiamo già imbragati
provando a
tagliare il ghiacciaio Potanin dal
lato sinistro, in ombra e quindi un poco più innevato del ramo destro,
che si
mostra di un colore poco invitante, grigiastro e blu!
Le morene ci costringono però ad un faticoso su e giù, metti e togli
gli sci,
arriviamo in centro al ghiacciaio principale un po’ più tardi del
previsto, e
dobbiamo constatare che tutti i pendii sono di neve ghiacciata
durissima;
inutile continuare fino alle cime principali, non raggiungibili e
sciabili in
queste condizioni; deviamo a sinistra per il ramo del ghiacciaio che
sembra
offrire più pendenza e neve, il ghiacciaio Alexander,
fin quasi al colle che fa da confine con la Cina.
Stranamente la sera non siamo delusi, l’ambiente è maestoso, il tempo
bello, e
la sistemazione nelle ger accogliente.
Il mattino successivo ripartiamo in direzione di uno dei tre ghiacciai
immediatamente a ovest del nostro campo, che scopriremo, sulla mappa
russa,
chiamarsi Гране (Granje).
Sembrano un po’ più innevati, e sicuramente più brevi da raggiungere.
Passata una grande morena risaliamo con cautela i bordi di un fiume
ghiacciato
e finalmente il ghiacciaio e neve, che ci consente di arrivare
agevolmente ad
un colletto prima, “Гране 3660m”, Franz si arrampica sulla cimetta
rocciosa che
lo divide in due, poi andiamo alla dorsale principale verso il
territorio
cinese, raggiungiamo il punto più alto a Q3842, da qui scorgiamo
un’infinità di
cime senza nome, entusiasmante! Al limite sinistro della dorsale Franco
ed
Emanuele si sbizzarriscono nella salita di una evidente piccola cima
rocciosa,
solo pochi metri più alta del nostro punto più alto sulla dorsale
stessa, ma
quasi sicuramente i primi a calcarla! Giulia
è rimasta al campo, seconda vittima dell’intestino, e Mirko
purtroppo
accusa pure qualche problema di stomaco sulla gita, si ferma a metà
percorso,
prima volta in vita sua a detta dei suoi compaesani!
La sciata è veloce fino al fiume ghiacciato, superata una iniziale
titubanza
proviamo a lasciare scorrere gli sci, e si rivela molto divertente
oltre che
veloce! Presa confidenza Franz si esibisce in un carving alternativo su
ghiaccio vivo, con noi tutti ad ammirare le sue evoluzioni.
L’happy hour di oggi è particolarmente allegra vista la
splendida
giornata, i nostri generi di conforto portati da casa completano la
festa!
Una giornata di riposo a questo punto non guasterebbe, ma non vogliamo
sciupare
nessuna possibilità, così il mattino successivo, con cielo blu cobalto
siamo di
nuovo sulle pelli, a risalire il ghiacciaio di sinistra più incassato,
che
inizialmente ci incuteva un po’ di timore per via di alcune apparenti
seraccate. Il ghiacciaio, senza nome sulle carte, scopriremo poi essere
ufficiosamente chiamato “Snow Leopard”,
si rivela semplice e senza pericoli, al suo termine saliamo ad un
colle, e da
questo verso sinistra per una cresta nevosa a piedi su una bella cima
che i GPS
ci danno a 3811 m. Non abbiamo notizie neppure di questa cima, le poche
spedizioni scialp che vengono in questi luoghi di solito si spingono
con le
tendine sul ghiacciaio Alexander, questi rami “minori” vengono
ignorati!
Come tutti i ghiacciai anche questo ha il suo fiume e laghetto
ghiacciato alla
base, che ormai affrontiamo senza remore divertendoci un sacco … poi un
breve
spalleggio sulla collina morenica per tornare al fiume principale della
valle
Tsagaan ed al nostro campo ger. Anche
oggi una giornata eclatante, su queste montagne sconosciute, in
spazi
infiniti, tutto fantastico! Peccato per il Doc, oggi è il suo turno di
indisposizione e se ne è stato al campo! Mentre arriviamo al campo
passa un
gruppo di sette altri italiani, hanno sci molto larghi e pesanti, snowboard
e telemark, ma visto il terreno ci compiacciamo della nostra
scelta di
materiale leggero! Metteranno il loro campo base con tendine un paio di
chilometri più avanti, ma non li vedremo più nei prossimi giorni.
Lunedì 15 Aprile, dopo una notte di vento tempestoso, la prima giornata
di
“riposo” … ma solo per modo di dire! A piedi raggiungiamo la dorsale
del Gialdan
uul 3620m, appena a est del Malchin, uno dei famosi cinque
quattromila della zona, che però
si presenta completamente insciabile
per le
condizioni secche di questa stagione. Difficilissimo valutare le
distanze in
questo luogo, e ogni pendio apparentemente insignificante si rivela
un’interminabile salita; alla fine la camminata è forse più affaticante
di una
giornata sugli sci!
Il maltempo persiste il giorno successivo, che spendiamo alla ricerca
di
qualche animale selvatico. Purtroppo, avvisteremo solo aquile e pernici
bianche, solo tracce di felini, che non capiamo se riconducibili al
famoso
leopardo delle nevi o più semplicemente a linci. Al limite del
ghiacciaio Snow Leopard due
giorni prima avevamo trovato tracce
freschissime di un orso … non che speriamo di incontrarlo faccia a
faccia!
Mercoledì 17, e siamo già all’ultimo giorno utile per lo sci!
Sfortunatamente oggi è Sonja a pagare disturbi intestinali, non
riusciamo a
capire a cosa siano dovuti, ma solo Franz, Roger e io siamo rimasti
incolumi!
Tocca agli altri fare l’ultima escursione, la meteo si sistema solo in
mattinata, nonostante la partenza tardiva scelgono di fare una nuova
incursione
sul principale ghiacciaio Potanin. Sfruttando la spanna di neve
fresca
lasciata dal vento dei due giorni scorsi, la risalita del fiume e lago
ghiacciato sulla sinistra idrografica scorrono veloci, mentre sul
ghiacciaio il
vento contrario rallenta un po’. Raggiungono agevolmente il colle a
ovest del
Malchin, non una grande discesa in termini puramente sciistici, ma un
viaggio
entusiasmante su questo ghiacciaio infinito. Se solo il tempo fosse
migliorato
prima, permettendo una partenza un po’ più mattiniera, avrebbero potuto
agevolmente raggiungere una delle due cime del famoso Nairamdal, 4082 e
4118m. Incredibile,
già tempo di caricare i cammelli per il ritorno a valle,
il vento
di nuovo tempestoso ci aiuta almeno a non avere rimpianti! Continuiamo
a
voltarci, come a voler imprimere l’immagine della Tsagaan in
memoria, e
la sera siamo di nuovo in compagnia dei pastori nei pressi della loro winter cabin. Dopo cena ci intratteniamo
a lungo con loro scambiandoci impressioni ed esperienze, i loro
racconti della
vita selvaggia dei Tuviani ci affascinano, e loro ci chiedono degli Tsaatan
che avevamo incontrato un paio di anni prima nella taiga a nord del
lago
Hovsgol, evidentemente gruppi etnici con evidenti similitudini, che si
stimano
a vicenda. Chiudiamo con un’esibizione canora incrociata, dove i
Tuviani escono
ampiamente “vincitori” ….
Venerdì mattina lasciamo i nostri ospiti, di nuovo qualche evoluzione
con gli
UAZ sui fiumi ghiacciati per raggiungere il complesso di petroglifi
della “Valle
Tsagaan Superiore”, che ci fanno sognare come fosse possibile
vivere 11000
anni prima di Cristo in questi luoghi, quando il terreno era molto
boschivo e
ricco di cacciagione …. poi “gustiamo” gli ultimi sobbalzi in UAZ fino
a
Tsengel e quindi Ulgyi.
Con un po’ di malinconia lasciamo per la sesta volta la Mongolia, credo
faremo
di tutto perché non sia l’ultima! Paolo
Vitali
Periodo
consigliato:
Il mese che solitamente vede piu' scialpinisti è Maggio, il Parco
Nazionale del Tavan Bogd apre ufficialmente il 15 Aprile. Noi abbiamo
anticipato un poco, e ci è andata bene, ma le temperature possono
essere molto basse.
Visto: purtroppo per la Mongolia è ancora
necessario il visto turistico, valido 30
giorni, e
l'ingresso deve avvenire entro tre mesi dal rilascio. Bisogna anche
registrarsi ad Ulgyi, in quanto la zona è di confine.
Viaggio
aereo: I voli
Aeroflot
via Mosca sono in genere i più comodi, altrimenti con la Air China via Pechino, a volte meno
cari ma un po' più lunghi.
Campo base: Il
campo estivo si trova sul lato sinistro idrografico del ghiacciaio
Alexander, su una morena a circa 3000 m di quota. Da qui sarebbe comodo
entrare direttamente sul ghiacciaio abbassandosi un poco sulla morena;
ma in inverno e primavera i cammelli non arrivano fin li, e ci sarebbe
il problema dell' approvvigionamento di acqua. I campi invernali
vengono
sempre piazzati qualche chilometro prima del ghiacciaio Alexander, di
fronte ai ghiacciai xx e yy. Da questa posizione le gite alle cime piu'
alte hanno uno sviluppo di almeno 30 Km a/r. L'alternativa è portarsi
le tendine per un campo avanzato sul ghiacciaio.
Sci e
materiale:
Considerate le distanze da percorrere, meglio avere materiale leggero!
Ricordate che non esiste soccorso organizzato, né elicotteri, occorre
essere autosufficienti anche in caso di emergenza.
Telefono: l'ultimo
segnale telefonico è al villaggio di Tsengel, poi l'unico modo per
avere un contatto è eventualmente un satellitare.
.
Indumenti:
le temperature possono scendere tranquillamente sotto i -20°C in
Aprile, regolarsi di conseguenza per gli indumenti da sci, per la sera,
ed il sacco a pelo.
GPS:
su web è possibile trovare mappe gratuite con una definizione
sufficiente per viaggiare. Una di queste è la OSM (Open Street Map).