Considerazioni e aneddoti di Paolo Vitali (Marzo 2017) ![]() ![]() Non ho potuto quindi fare a meno di tornare con la memoria a quel lontano periodo a cavallo del 1983/84, quando con Casimiro Ferrari e Carlo Aldè realizzammo la prima salita del difficile spigolo Nord-Est, considerata finora anche la prima assoluta della montagna. Infatti la precedente ascensione di Shipton nel 1961 dal facile versante Ovest non dava per certo che fossero giunti sul plateau sommitale, o in che punto di quest’ultimo. Certo è che se Shipton fosse arrivato sul plateau, sarei dell’idea di considerare quella come la prima assolta. Colgo così l’occasione per rammentare qualche aneddoto e fare qualche considerazione. Molte cose sono cambiate in 33 anni! (1) Per prima: l’avvicinamento. Solo per arrivare all'Estancia Cristina, dovemmo attendere che la Guardia Costiera Argentina si degnasse di darci un passaggio sulla loro lancia in un giorno di tregua del vento. Ora l'Estancia è un lussuoso resort per turisti con servizio di accesso regolare e tutte le comodità. Ma quello che più ha cambiato l'approccio e la logistica in Patagonia, a mio avviso, sono le previsioni meteo ed i telefoni satellitari. Sono ormai finiti i tempi in cui occorreva scavarsi una truna alla base delle pareti per attendere la prima schiarita, ticchettando sull'altimetro ogni notte! Nel gruppo del Cerro Torre e Fitz Roy ora gli alpinisti soggiornano comodamente a El Chalten, che ormai è una città, pronti a partire quando la meteo prevede un periodo di bel tempo sufficientemente lungo per realizzare i propri sogni. Per il resto, l’impegno delle salite è rimasto invariato, come pure l’isolamento, ma sicuramente parte dell'esperienza patagonica di un tempo ormai è persa. Con la certezza delle condizioni meteo, garantita da precise previsioni, molte ascensioni possono probabilmente essere paragonate a quelle sulle più impegnative pareti del Monte Bianco. Magari l’esempio è eccessivo, ma rende l’idea. ![]() Non pensavo che la precisione delle previsioni patagoniche fosse arrivata a questo livello; è evidente quindi l'enorme cambiamento nell'approccio, logistico e mentale. Al Murallon l'isolamento gioca ancora una parte importante, ma almeno si può attendere il bel tempo standosene all'asciutto nel Bivacco Pascal, anziché nell'umidità di una piccola truna scavata nella neve. Avevo trascorso 31 notti nella truna, di cui 17 consecutive, a causa del perseverare del maltempo, con i viveri ultra-razionati, una radiolina che ogni tanto prendeva le notizie di Radio Comodoro Rivadavia, ed il “Miro” che raccattava le “cicche” gettate nei giorni precedenti per poter rollare l’ulteriore, “penultima“ sigaretta (una vizietto a cui non si sognava di rinunciare, nonostante la malattia che purtroppo l’aveva ormai segnato, e non gli aveva nemmeno impedito di partire per una impresa così logorante con dei ragazzi giovanissimi al suo fianco). Giorni e notti che passavano sempre uguali, nel sacco a pelo sempre più umido … Un'esperienza dura, ben fissata nella memoria ... e nelle ossa! Dopo due mesi e mezzo di permanenza, finiti i viveri e il tempo a disposizione, ci incamminammo sul ghiacciaio per rientrare, e ricordo che mi vennero crampi ovunque. Ma a metà strada il vento calò improvvisamente ed uscì il sole! Distendemmo vestiti e sacchi a pelo per asciugarli, ed attendemmo un poco per verificare che non fosse l’ennesima, velocissima variazione meteo. Invece…. Sembrava proprio che fosse arrivato il bel tempo! Il Miro propose un estremo tentativo e, quasi rassegnati alla prospettiva di prendere l’ennesima tempesta dopo poche ore, acconsentimmo. Tornammo quindi sui nostri passi per salire direttamente in parete fino alla base della Torre Ben, da cui continuammo per altri quattro giorni, di cui gli ultimi due di nuovo nella bufera. ![]() Sicuramente il loro programma era molto ambizioso, più che per le difficoltà tecniche, per il tempo ristretto a disposizione: un solo mese. In quell'ombelico del mondo, trovare al primo colpo il periodo di tempo stabile per una salita così lunga è una vera scommessa. Quando, alla fine della loro permanenza, le previsioni hanno finalmente annunciato una breve tregua, i tre sono stati molto bravi e veloci a sfruttarla per l'unica salita possibile in un paio di giorni: la Est. Conosco bene quella parete. Il primo giorno in cui Fabio Lenti, Carlo Aldè ed io entrammo sul ghiacciaio fummo estremamente fortunati; il tempo era perfetto, così pensammo di sfruttare al massimo la meteo e salire la Est. Vuoi per l’abbondante innevamento, vuoi per la spavalderia dei nostri vent’anni (Carlo ed io eravamo appena diciannovenni!), quando tutto ti sembra facile, sei incurante del completo isolamento e ti sembra di poter affrontare ogni difficoltà (tra l’altro, con il materiale e le tecniche di allora), salimmo molto velocemente in giornata e lasciammo del materiale al limite superiore del nevaio posto a metà parete, con l'idea di scendere alla base per riposare e risolverla tutta d’un fiato il giorno successivo. Le difficoltà non sembravano comparabili con quelle dello spigolo Nord-Est, per il quale avevamo messo in conto molti giorni, e ingenuamente pensammo di “mettere in cascina” un primo successo, la prima salita assoluta alla cima della montagna; tanto poi avremmo avuto altri due mesi di tempo per salire l'obbiettivo principale: lo spigolo Nord-Est. Non avevamo però fatto i conti con il rigore del Casimiro, che era entrato sul ghiacciaio quella sera, e ci fece una bella lavata di testa (per usare un eufemismo, per chi l’ha conosciuto …): eravamo venuti per lo spigolo, e spigolo sarebbe stato. Per lui non esistevano deroghe, «La Salita» era lo spigolo Nord-Est, e sarebbe tornato a casa ancora a mani vuote, piuttosto che accontentarsi della Est. Fu così che il giorno dopo (l’unico di bel tempo per i due mesi successivi) lo perdemmo per tornare al nevaio e riportare alla base il materiale……. Cosai Patagonicas! ![]() Noi tentammo la discesa per il versante completamente opposto, quello Cileno, senza viveri (ci erano rimasti solo i dadi per il brodo!) e completamente spossati dopo cinque giorni in parete, con la speranza di raggiungere dal ghiacciaio qualche fiordo cileno dove trovare di che sfamarsi ed un fortuito passaggio su qualche imbarcazione di pescatori … Ripensandoci ora: un’idea pazzesca! Come pazzesca fu la discesa che fummo costretti ad affrontare lungo lo spigolo appena salito, dopo aver vagato un giorno intero nella tormenta sul ghiacciaio sommitale senza visibilità, ed effettuando il quinto bivacco in un crepaccio, entrando nel sacco a pelo completamente fradicio senza neppure togliere gli scarponi. Poi… 1500 metri di “doppie” con un solo paio di corde malconce, calandoci su ogni tipo di ancoraggio, perfino singoli chiodi da ghiaccio piantati nella roccia, gradini delle staffe incastrate nelle fessure … ed un sesto bivacco a metà parete. Arrivati miracolosamente alla base, abbiamo divorato l’unico cibo rimasto nella truna crollata, una busta di 2 kg di the liofilizzato (non tutto! sento ancora ora la nausea) … e ci siamo finalmente incamminati sul ghiacciaio per tornare a casa! ![]() Quindi so bene cosa devono aver provato i tre quando si sono trovati a fare “doppie” sulla sconosciuta parete Sud, e quando sono riusciti a rimetter piede sulla «terraferma» del ghiacciaio! Anche per loro una bella impresa da conservare indelebile nella memoria. Mi rimane la curiosità di vedere come e quando qualcuno ripeterà lo spigolo. Non pensavo proprio sarebbe passato così tanto tempo. I miei complimenti ancora ai due Matteo e a David, con la speranza che ci vogliano riprovare. Un complimento particolare a David e Caterina, partiti in bicicletta da Ushuaia per raggiungere Calafate! Una bellissima idea ed un’esperienza che gli ho sinceramente invidiato. Paolo Vitali, 19 Marzo 2017. Note: 1) Le salite di Paolo in Patagonia 10-14 Febbraio 1984, Cerro Murallon, prima salita, spigolo Nord-Est, 1300 m ED+ - Casimiro Ferrari – Carlo Aldè – Paolo Vitali 5-7 Dicembre 1986, Aiguille Poincenot, settima salita, prima per il Pilastro Ovest/Nord/Ovest, 1000 zoccolo e 700 m ED - Daniele Bosisio, Marco Della Santa, Mario Panzeri, Paolo Vitali 9
Gennaio 1987,
Cerro Torre, diciassettesima salita della la via Maestri (via del
Compressore),
in 19 ore dalla spalla (26 salita e discesa), Paolo Vitali e Marco
della Santa.
Testi, disegni e immagini: Copyright © 2017 Paolo Vitali – www.paolo-sonja.net |